Avete mai notato la quantità di plastica che si trova nelle vostre abitazioni? Parliamo di un materiale prodotto e utilizzato in tutto il mondo e che trova applicazioni strategiche in molti settori grazie alla sua multifunzionalità e al costo relativamente basso. Possiamo trovare, per esempio, bottiglie, giocattoli, imballaggi, piatti, bicchieri, buste e questi solo nel campo del monouso.
Nel 2018, in Europa, sono state prodotte 61,8 milioni di tonnellate di materie plastiche che rappresentano più del 17% della produzione mondiale (359 milioni di tonnellate).
Il loro uso sempre più diffuso e il loro scorretto utilizzo a fine vita provoca un forte impatto negativo sull’ambiente.
Ad esempio, si stima che da 4,8 a 12,7 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani ogni anno, provocando un grande pericolo per l’ecosistema marino. Gli animali possono rimanere intrappolati o feriti da grossi pezzi di plastica o possono ingerire i pezzi più piccoli.
Secondo Beach Litter 2020, un’indagine di Legambiente sulle spiagge italiane, sono stati censiti 654 rifiuti ogni cento metri e, tra le 43 spiagge monitorate, l’80% degli oggetti rinvenuti è rappresentato dalla plastica.
Inoltre, in una spiaggia su tre sono stati trovati guanti usa e getta, mascherine o altri oggetti sanitari riconducibili alla pandemia di Covid-19.
La plastica presente negli oceani e nelle spiagge si può trovare anche sotto forma di microplastiche, pezzi solitamente inferiori ai 5 mm. Il 68-81% di questi derivano dalla degradazione dei pezzi più grandi, il restante viene immesso direttamente nell’ambiente sotto forma di piccole particelle.
Queste ultime derivano da varie fonti come il lavaggio di capi sintetici, l’abrasione degli pneumatici durante la guida e alcuni cosmetici.
Inoltre, possono essere facilmente ingerite dai pesci e di conseguenza, tramite la catena alimentare, finire nel nostro piatto.
Cosa possiamo fare, quindi, per limitare il consumo di materie plastiche e di conseguenza la produzione di rifiuti riducendo così l’impatto ambientale?
Per risolvere il problema a monte, la prima cosa da fare è sicuramente ridurre l’acquisto di tutti i prodotti contenenti plastica e sostituirli con una soluzione “plastic-free”, diminuendo in maniera diretta la produzione di rifiuti.
Al supermercato, ad esempio, è meglio preferire l’acquisto di frutta e verdura sfusi, evitando le vaschette. Bere l’acqua del rubinetto elimina un inutile spreco di bottiglie di plastica ed è anche più economico.
Si può risparmiare anche evitando il consumo di prodotti usa e getta come quelli che troviamo nella nostra cucina, tra i quali piatti, posate e bicchieri.
Da non tralasciare anche gli assorbenti e i pannolini, facilmente sostituibili con quelli lavabili o almeno biodegradabili.
Conveniente e amico dell’ambiente è anche optare per la vendita alla spina che ci permette di comprare i nostri prodotti senza l’utilizzo degli inutili imballaggi. I negozi alla spina si trovano in tutta Italia e offrono vari prodotti: alimentari, cosmetici, erboristica, per la casa e per gli animali.
Si possono trovare delle soluzioni più sostenibili anche nel campo della moda. Per evitare che le microfibre dei capi sintetici, durante il lavaggio in lavatrice, vengano scaricate nelle acque reflue finendo poi nell’oceano, si possono seguire diversi consigli.
Laura Diaz Sanchez, attivista della ONG Plastic Soup Foundation, ha affermato che, grazie a un lavaggio a basse temperature, inferiori a 30°C, i tessuti si rompono meno facilmente. Ha aggiunto, inoltre, di evitare l’utilizzo del detersivo in polvere che ha un effetto strofinante e di non utilizzare l’asciugatrice.
Importante è anche comprare meno vestiti: diversi studi hanno affermato che la quantità maggiore di microfibre viene dispersa durante i primi lavaggi.
Oltre ai capi sintetici, le microplastiche possono derivare anche dall’utilizzo di prodotti per il corpo. Dal 1° gennaio 2020, in Italia, è vietato vendere prodotti cosmetici da risciacquo ad azione esfoliante o detergente contenenti microplastiche. Nonostante questo, la restrizione nazionale presenta alcune lacune: non vengono inclusi tutti i cosmetici, come, ad esempio, i prodotti leave-on (rossetti, smalti e altro).
È importante, quindi, leggere bene l’etichetta degli ingredienti per evitare che le materie plastiche presenti all’interno dei nostri prodotti finiscano nell’ambiente e nel mare.
Grazie a queste azioni, ognuno di noi può contribuire a limitare l’impatto sull’ambiente derivante dal consumo di materiali plastici.
Oltre al nostro impegno, però, è necessario che ci sia un’iniziativa anche da parte delle istituzioni come il Parlamento Europeo che ha approvato nel 2019 una legge che vieta, entro il 2021, l’utilizzo della plastica usa e getta come piatti, posate, cannucce e bastoncini cotonati. Si pone, inoltre, come obiettivo, quello di raccogliere il 90% delle bottiglie di plastica entro il 2029, le quali dovranno contenere il 25% di plastica riciclata entro il 2025 e il 30% entro il 2030.
Viene rafforzata anche l’applicazione del principio “chi inquina paga“, esteso, ad esempio, ai produttori dei filtri di sigaretta e delle attrezzature da pesca.
Infine, sui prodotti come i bicchieri di plastica, salviette umidificate, tovaglioli sanitari e filtri di sigaretta, sarà obbligatorio l’etichettatura informativa sull’impatto ambientale.
Questa legge è stata, inoltre, approvata dal Senato in Italia e, a differenza della formulazione europea, nel divieto vengono inclusi anche i bicchieri monouso. Grazie al contributo di tutti noi, delle istituzioni e dei produttori possiamo mettere fine all’inquinamento da plastica ormai diventata emergenza.
Fonti:
- legambiente.it/
- lanuovaecologia.it/
- sfusitalia.it/
- europarl.europa.eu/news/
- europarl.europa.eu/news/
- phys.org/news/
- sfusitalia.it/
A cura di Laura Scaramucci e Julien Conte